Gli effetti dei mutamenti climatici sulle coltivazioni: delegazione cilena nei castagneti e noccioleti del Viterbese

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Il campanello d’allarme suona in Cile e arriva fino alle colline viterbesi. Perché le piantagioni di castagne, nocciole, noci, mandorle, mirtilli, kiwi ecc. sono le stesse, anche se su emisferi opposti. Gli effetti del cambiamento climatico sulle coltivazioni stravolgono i sistemi di produzione e di ricerca avanzata nel settore agroindustriale. Aprendo il campo a scenari sorprendenti nell’esplorazione dei mutamenti genetici vegetali.

Non è un caso che una delegazione di ricercatori e agricoltori cileni abbia visitato la Tuscia, su iniziativa dell’Indap (sviluppo agricolo), Regione Bio-Bio per conto del ministero dell’Agricoltura, e grazie all’imprenditore Marcello Mariani. Il pil del Paese sudamericano si fonda sulle esportazioni agricole, con 36 trattati di libero scambio attivi per favorire l’export agroalimentare. La missione nel Viterbese è servita ad approfondire la situazione coi produttori locali di nocciole e castagne, ma non solo.

A guidarla il professor Pablo Grau Beretta, agronomo genetista e ricercatore di fama mondiale nella corilicoltura, che da anni studia gli effetti dei cambiamenti climatici sulle piante da frutto e presiede il Congresso internazionale sul nocciolo. «Io credo che il processo innescato dall’aumento della temperatura sia irreversibile – ha detto Grau – visto che l’attuale situazione di mega siccità, relativa a una diminuzione media del 60% di pioggia per oltre 4 anni, negli ultimi mille anni si è avuta una sola volta. Nel Cile il deserto, che da noi è a Nord, avanza verso il centro e alcune coltivazioni vengono spostate più a sud. Ma questo incide fortemente sull’adattamento delle piante a latitudini e altitudini diverse».

Se gli scenari futuri sono incerti, quelli attuali sono evidenti: assenza di pioggia, precipitazioni violente concentrate in tempi ristretti, elevati sbalzi della temperatura anomali in rapporto alla stagione. Da qui i nuovi fronti della ricerca per sviluppare in laboratorio varietà più resistenti al clima impazzito. «Se pensiamo soltanto al nocciolo – aggiunge Grau – gli sbalzi produttivi sono marcati in ognuno dei bacini produttivi mondiali: Italia e Cile, lo abbiamo visto, ma anche in Turchia, Georgia, Stati Uniti. Questo spinge le multinazionali della chimica a investire in questo settore della ricerca. Ma la ricerca genetica richiede tempi molto lunghi: dal primo incrocio in laboratorio al frutto sulla pianta passano 25 anni».

GLI INVESTIMENTI
Il governo cileno affianca le associazioni di coltivatori ad affrontare i mutamenti del clima. Il Corfo (comitato governativo per investimenti in agricoltura) «sostiene anche economicamente le ricerche legate ai mutamenti climatici. Gli interventi sul credito e sugli investimenti sono basilari per la stabilità delle regioni a forte economia agricola del Cile», spiega la dirigente Veronica Gomez Venturelli. A questo segue un secondo imperativo: «Lo sviluppo deve essere sostenibile rispetto agli equilibri ambientali – dice Roberto Parra Espinosa, agronomo dell’Indap – e nel Cile i nuovi investimenti agricoli devono fondarsi sull’impiego delle energie rinnovabili».

Giorgio Renzetti

Pubblicato 17/11/2017

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