Nocciole, gli scoiattoli fanno danni per oltre un milione di euro

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Viterbo – Intervista al professor Andrea Amici, dell’Unitus sulla presenza dei roditori nella Tuscia

Agli scoiattoli piacciono le nocciole. Un’affermazione che potrebbe sembrare innocua, se a rimetterci non fossero gli agricoltori della Tuscia, già potentemente colpiti da attacchi di grandine, siccità e fauna selvatica.

“Recenti indagini delle associazioni di agricoltori hanno stimato che lo scoiattolo causa nella Regione Lazio danni economici ai noccioleti per circa 3 milioni di euro, e nella sola Tuscia 1,2 milioni di euro”. Le stime, preoccupanti, arrivano direttamente dal professor Andrea Amici dell’Università della Tuscia che da anni si occupa di gestione faunistica. 

Quante specie di scoiattolo sono presenti nella Tuscia?
“Nella Tuscia sono presenti 2 specie di scoiattoli. L’endemico scoiattolo Europeo (Sciurus vulgaris) e l’alloctono scoiattolo americano (Sciurus carolinensis). Benché spesso segnalato e riportato in modo aneddotico, non si ha una documentazione ufficiale della presenza della specie nella Tuscia, ma si è consapevoli che lo scoiattolo americano è stato introdotto erroneamente dall’uomo in molte aree europee compresa l’Italia (Parco dei Stupinigi) essendo una specie molto adattabile e invasiva può in maniera puntiforme conquistare nuovi territori. Tuttavia non si hanno notizie certe di colonie o collegamenti fra la Tuscia ed aree dove la specie è presente.

Perché si vedono nella Tuscia scoiattoli neri?
“Lo scoiattolo Europeo benché definito rosso, presenta differenti colori del mantello. Si tratta di fenotipi parzialmente diversi fra Nord a Sud Italia. Nelle regioni più settentrionali la sua colorazione è rossa mentre man mano che si scende verso il Sud il mantello diviene più scuro fino a tonalità quasi nere. Ogni fenotipo mantiene la parte ventrale colore avana-bianca”.

Esiste anche lo scoiattolo Meridionale, secondo lei è presente nella Tuscia?
“No. Lo ritengo altamente improbabile. Lo scoiattolo meridionale (Sciurus meridionalis) era considerata una sottospecie dello scoiattolo europeo ed attualmente è stato dichiarato specie. Lo scoiattolo meridionale possiede un areale ristretto alle sole aree del parco nazionale della Sila, parco nazionale del Pollino e altre aree puntiformi della Calabria. La differenza tra le due specie è nelle dimensioni (lunghezza e dimensione ossa e scheletro), nelle abitudini, nell’areale e nel colore. Lo scoiattolo meridionale ha un mantello nero scuro con parte bianca ventrale, caratteristica non distintiva, ad occhio non esperto, se paragonato allo scoiattolo rosso con fenotipo scuro.

Lo scoiattolo può rappresentare un problema economico?
“Quando gli scoiattoli, a seguito di squilibri ecologici, si ritrovano in densità elevate possono causare danni alle colture arboree. Nella Tuscia, soprattutto le nocciole. Lo scoiattolo rosso endemico ha meccanismi di autoregolazione dovuti al comportamento che lo differenziano dallo scoiattolo americano, che quindi può causare danni molto maggiori. Nelle langhe dove lo scoiattolo americano si è riprodotto in maniera esponenziale è stato ed è tutt’ora un problema serio per i produttori delle famose nocciole delle langhe”.

Attualmente nella Tuscia ci sono perdite economiche dovute alla presenza dello scoiattolo?
“Recenti indagini delle associazioni di agricoltori hanno stimato che lo scoiattolo causa nella Regione Lazio danni economici ai noccioleti per circa 3 milioni di euro, e nella sola Tuscia 1,2 milioni di euro. Non possediamo dati ufficiali in proposito tuttavia la cifra sembra molto elevata. È anche utile sottolineare che molti altri roditori possono causare danni alle colture arboree, ad esempio il ghiro, tanto che anche aree protette come la Riserva naturale del Lago di Vico ha sperimentato dei rimedi in proposito”.

Cosa si può fare per arginare i danni?
“Le amministrazioni, in prima battuta, provvedono ad indennizzare gli agricoltori danneggiati. Tuttavia un impulso allo studio di queste specie sarebbe auspicabile. Ritengo che i roditori non interessando il mondo venatorio siano state trascurate anche a livello scientifico”.

Maria Letizia Riganelli
Pubblicato 25/09/2017

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